«Sono arrivato a Parma verso le 13, dovevo caricare scarti alimentari in una azienda. All’ingresso, davanti a me c’erano altri quattro Tir italiani in coda. Ho pensato fosse un giorno più affollato del solito, invece, il lettore dell’App per riconoscere il green pass non funzionava bene. Abbiamo atteso tutti mezz’ora prima di entrare. Nel frattempo, sono arrivati due bilici con targa lituana. Per loro, via libera quasi immediato. Gli autisti sono rimasti sulle cabine, mentre gli addetti dell’impresa caricavano e scaricavano la merce». [[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) A_172933646A_172933646]]Enzo Giusiano, 47 anni, è un camionista di Verzuolo che venerdì, primo giorno dell’obbligo del green pass al lavoro, ha provato gli «effetti» dell’ultima circolare dei ministeri della Salute e dei Trasporti, diramata soltanto la sera della vigilia dell’entrata in vigore del provvedimento. Di fatto, esonera gli autotrasportatori provenienti dall’estero dall’obbligo del certificato verde (quindi, della vaccinazione o del tampone) e permette loro «esclusivamente l’accesso ai luoghi deputati alle operazioni di carico-scarico, a condizione che siano effettuate da altro personale». Disparità di trattamento che ha mandato su tutte le furie le associazioni di categoria, anche nella Granda. Confartigianato e Astra Cuneo hanno definito la misura «una vergognosa, incredibile, paradossale, inaccettabile discriminazione. Aumenta la rabbia di chi già è penalizzato e favorisce la concorrenza sleale». E chiedono al Governo di rivedere immediatamente la nota ministeriale, o imponendo le stesse condizioni per tutti, o ammettendo deroghe anche agli italiani che oggi si domandano perché i colleghi stranieri possono caricare e scaricare, mentre loro no. Nemmeno se restano da soli in cabina. Una «risposta» arriva dalle stesse associazioni con un’indagine nazionale: il 25% degli autisti italiani non è munito di green pass, l’80% degli stranieri non è vaccinato. Calcolando che la metà di quello che arriva in Italia viaggia sui camion, la «soluzione» favorisce industria e commercio, perché evita il blocco dei trasporti internazionali e di tutta la filiera logistica import-export. Ma è chiaro che sta creando tensioni e rischia di compromettere l’attività di migliaia di imprese del settore. «Non ce l’ho con i colleghi stranieri, ma le regole devono essere uguali per tutti - riprende Enzo Giusiano -. Perdere mezz’ora per verificare il green pass, magari in più viaggi al giorno, significa rischiare di non rispettare le rigide tabelle di marcia sui tempi di consegna e riposo». Sulla stessa linea Luca Mattiauda, 47 anni, titolare di un’impresa di trasporti a Mondovì: «Solito pastrocchio all’italiana. Disparità in tutto, ci massacrano di leggi, burocrazia, continuiamo a rispettare le norme e gli esteri fanno quello che vogliono. Io, i miei due dipendenti e mia moglie in ufficio siamo vaccinati, abbiamo il green pass, ci viene richiesto ovunque. E loro no? Ingiusto». I coniugi Anna Manarini e Piercarlo Burdese (53 e 55 anni), guidano i loro camion da Pocapaglia sulle rotte nazionali per il trasporto mangime: «Facciamo i tamponi, ci sforziamo di andare avanti tra mille difficoltà, orari da seguire alla lettera, e poi tasse, sacrifici, fatica. Ora questo?». I fratelli Ivano e Daniele Seghesio (45 e 43 anni), conducono un’azienda a Dogliani, specializzata in trasporto di cisterne di vino sfuso. «Ci siamo messi in regola, diligenti, ma ora ci sentiamo presi in giro - dice Ivano -. Mi spieghino la differenza tra il mio camion e quello di un autista straniero. Non esiste. Delle due l’una: parità di trattamento, oppure gli stranieri siano obbligati a fare il vaccino italiano, il tampone italiano e a mostrare una certificazione valida in Italia». «Quando l’ho saputo ho pensato a uno scherzo - dice Eraldo Romero, 49 anni, “padroncino” di Vicoforte -. Da due anni lavoriamo senza contatto umano, dal viaggio all’ingresso in fabbrica, il passaggio dei documenti, carico-scarico, a distanza di sicurezza. Il green pass crea assembramenti inutili, disagi e rallenta l’attività. Poi guardi il piazzale, un Tir straniero entra liberamente, chiedi e ti dicono che lui è esonerato. È questo il modo di tutelare il lavoro e soprattutto, la salute?».
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